L’Antica Osteria del Ponte è il mio sogno nel cassetto fin da quando ho cominciato a frequentare l'istituto alberghiero.
Maurizio Gerola
Sono uno chef di poche parole. Preferisco guardare alla sostanza. Al mio lavoro, che è il cibo. La citazione di Virginia Wolf che apre la carta del mio menu all’ Antica Osteria lo spiega bene: “Non si può pensare bene, amare bene, dormire bene se non si è mangiato bene”.
Gli ingredienti più importanti della mia cucina non si comprano. Sono l’ umiltà e il rispetto per le persone che mi circondano dal team del ristorante al cliente fino al fornitore perché dietro a qualsiasi prodotto che entra in cucina ci sono persone, famiglie, imprese.
L’ Antica Osteria del Ponte, secondo ristorante italiano a ricevere le Tre Stelle Michelin con Ezio Santin dopo il ristorante di Gualtiero Marchesi a Milano, è stato il mio sogno nel cassetto fin da quando ho cominciato a frequentare l’istituto alberghiero. E riuscire a raccogliere l’eredità di un locale così prestigioso per gli amanti dell’alta cucina, conosciuto in tutto il mondo, non è esattamente una sfida semplice. L’eredità di Santin è un patrimonio importante da custodire con cura ma anche uno stimolo per andare avanti nella stessa direzione di attenzione assoluta alla qualità e al gusto.
La mia cucina è una cucina contemporanea aperta a tutto con delle basi regionali ben radicate nel Milanese. Una cucina dove la creatività si esprime comunque dentro i confini di un gusto classico.
Cambio il mio menù ogni 2-3 mesi, seguendo la stagionalità degli ingredienti. Nella scelta dei piatti assieme alla brigata il punto di partenza rimane la tradizione, rivista con tecniche di cottura innovative che permettono di valorizzare al meglio gli ingredienti. Ricerco sempre l’equilibrio dei sapori, anche se mi piace giocare nelle preparazioni con spezie come il cardamomo oppure il pepe sansho e abbinarle ai sapori della tradizione. Ci sono alcuni piatti che ripropongo in certi periodi dell’anno, come il vitello tonnato, i cappelletti con cappone e tartufo nero, la guancia di manzo brasato o la brandade di baccalà che fu un piatto storico di Santin.